“La banalizzazione strumentale della storia è un male antico”, con questa semplice, ma perentoria, citazione dello storico Giovanni Miccoli ha preso il via l’intervento del vicepresidente della Comunità degli italiani “Giuseppe Tartini” di Pirano Kristjan Knez, all’odierna cerimonia di commemorazione dell’uccisione dei quindicenni Renato Braico (Brajko sul monumento che lo ricorda) e Domenico Bartole, che il 19 marzo del 1921 a Strugnano vennero assassinati da un gruppo di militanti fascisti che viaggiavano sul treno.

Una tragedia che gli altri due relatori, il presidente della locale sezione dell’associazione dei combattenti per i valori della lotta popolare di liberazione Bojan Česnik e il parlamentare Matej Tašner Vatovec hanno definito il primo atto contro l’infanzia del nazi-fascismo in Europa; tracciando, il primo, un filo ideale con le migliaia di bambini morti nei forni crematori. Non sono mancati neanche attacchi all’attuale politica del governo italiano, con riferimento alle parole di Antonio Tajani alla foiba di Basovizza, definito da Vatovec “un pagliaccio politico”, e a quelle del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del giorno del ricordo; complice secondo il Parlamentare del ministro dell’interno Matteo Salvini, che attacca stranieri e Rom, tra cui ha ricordato Česnik anche molti minori.

Knez chiamato a rappresentare la Comunità italiana dopo parecchi decenni di assenza, oltre a ricordare che i bambini assassinati erano italiani e quindi l’interpretazione spesso data che si fosse trattato di un delitto antislavo è “strumentale”, ha risposto agli attacchi mossi agli organizzatori in questi giorni dopo che è stata resa nota la sua partecipazione, affermando che non si può accettare che qualcuno pensi di detenere l’unica verità sulla storia di questa regione, come non si può “accettare che esistesse un solo nazionalismo aggressivo: quello italiano”. Luci e ombre, in pratica ci sono per lo storico piranese, da ambo le parti soprattutto in quel periodo dove era in corso una vera e propria guerra civile tra fascisti, che annoveravano tra le loro file anche sloveni, e socialisti e comunisti, tra i quali c’erano molti italiani. I poveri Braico e Bartole quel giorno purtroppo giocavano proprio di fronte alla Lega di Strugnano e non è da escludere che gli abbiano sparato per minacciare gli avversari politici, più che per motivi etnici. Un’interpretazione che non cancella la barbarie del gesto, ma che smonta, quella che Knez ha definito “un’interpretazione ingannevole e fuorviante dei fatti”.

Barbara Costamagna

Un momento della cerimonia di Strugnano Foto: Radio Capodistria/Barbara Costamagna
Un momento della cerimonia di Strugnano Foto: Radio Capodistria/Barbara Costamagna