Foto: Radio Capodistria
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Anche la comunità italiana piranese aderisce alle manifestazioni per l'Anno del Carpaccio a Pirano, evento a ricordo dei 500 anni della pala realizzata dal pittore veneziano Vittore Carpaccio per la chiesa di San Francesco e custodita al Museo Antoniano di Padova. Ieri, presso la Biblioteca civica, un incontro organizzato dalla CAN ha visto come ospite Sabina Parma, autrice di un volume su Benedetto Carpaccio - continuatore e interprete del padre - pubblicato nel 2013 dalle edizioni Il Mandracchio di Isola.

Sabina Parma, cresciuta fra Isola e Momiano e da tempo trapiantata in Toscana, dove insegna in una scuola media, si è laureata a Trieste nel 2002 con una tesi sul pittore Benedetto Carpaccio, che del padre Vittore (impegnato nell'ultimo periodo della sua vita in committenze istriane) ereditò la bottega continuando a lavorare in Istria, scelta come nuova patria. La tesi è diventata un libro, che le celebrazioni piranesi hanno offerto l'occasione di riproporre.
Dunque, Benedetto mediocre epigono del più celebre genitore, come spesso è stato ripetuto? Non proprio. "In realtà, una produzione simile a quella di Benedetto caratterizzerà i decenni centrali del Cinquecento in diverse cittadine del'Istria: entrano in gioco i rapporti fra Venezia come centro irradiatore di cultura e la periferia, e il gusto della committenza. Quindi questa accezione riduttiva oggi non la accettiamo più".
All'epoca della stesura della tesi, buona parte dei dipinti di cui si è occupata Sabina Parma erano di ubicazione ignota, e la loro stessa esistenza incerta, avendo seguito le sorti di altre opere spostate per protezione dall'Istria nel 1940. La nota mostra triestina che per iniziativa di Vittorio Sgarbi, ex sottosegretario ai Beni e alle Attività culturali, le ha nuovamente rese pubbliche dopo un lunghissimo oblio risale al 2005. Cosicché il lavoro della Parma, omaggio ad una terra a cui è sempre stata molto legata, ha avuto per l'autrice anche il sapore di una sfida.
Rimane insoluto a distanza di anni il problema di un eventuale ritorno delle opere nelle sedi di origine. Ma questa è un'altra storia, e lo storico dell'arte non entra nel merito.