Una ridda di polemiche intorno alla Giornata del Ricordo. E’ dallo scorso anno che le cerimonie sono tornate ad essere al centro di una disputa che fa capire come al confine orientale tutti sono prigionieri di un passato che non passa. Per dirla con il titolo di un fortunato libro di Marta Verginella ancora una volta si è incapaci di capire “Il dolore degli altri”. Passi indietro che preoccupano il professor Guido Crainz, che spesso ci ha offerto interessanti e anticonvenzionali spunti sulle complesse vicende che ci rincorrono.

Questo ritorno indietro è frutto di qualcosa che sta emergendo e che prima sembrava superato. Stanno riemergendo nazionalismi e posizioni di chiusura rispetto agli altri che parevano emarginate. Nella costruzione dell’Europa sembrava che il confronto tra le diverse memorie nazionali potesse fare un passo avanti. Negli anni Novanta, con la commissione storica mista italo – slovena (la cui relazione è stata pubblicata ufficialmente dalla Slovenia, ma non dall’Italia) e poi nel 2010 con lo straordinario Concerto dei tre presidenti, dove è stato portato omaggio a tutte le vittime andando sia al monumento all’esodo sia al Narodni Dom, si era creato un clima che oggi sembra lontanissimo. Ma è una battaglia che si deve continuare a combattere, sapendo che le ferite del passato, i nazionalismi vecchio stampo possono essere superati se c’è un progetto di costruzione europea per edificare qualcosa per il futuro insieme. Questo manca e temo che le voci peggiori abbiano sempre più forza".

Nel programma delle iniziative di quest’anno patrocinate dal Comune di Trieste ce ne una in cui si sosterrebbe che il Narodni Dom se lo siano incendiati gli sloveni ed un'altra che parla del “vittimismo degli sloveni”. Dal comune dicono che non possono censurare…

"Qualcosa censurano però. Mi ha molto colpito che la Giunta comunale di Casarsa ed anche la Giunta regionale abbiano negato due sale ad Adriano Sofri per la presentazione del libro “Il martire fascista”, che narra un episodio degli anni Trenta. La libertà di tutti di esprimersi tanto millantata dalla giunta non mi sembra sia stata sempre rispettata".

Anche molte iniziative che relativizzano foibe ed esodo non aiutano…

"Trovo indecenti alcune minimizzazioni che sono state fatte. Trovo indecente che una relazione abbia come titolo “Norma Cossetto: un caso poco chiaro”. Trovo altrettanto indecente che si neghi l’evidenza. Sostenere che l’incendio del Narodni Dom se lo siano fatti gli sloveni da soli è una tale follia, una negazione della storia. Non avviene solo in queste zone. L’Ungheria di Viktor Orban, sta imponendo una riscrittura dei libri di storia e altrettanto avviene in Polonia: ai ragazzi ungheresi viene raccontato che la propria nazione è solo vittima, vittima delle altre perfide nazioni europee. È evidente che in questo modo si va a distruggere la costruzione dell’Europa. Questo rigurgito di nazionalismi da me viene vissuto come una sconfitta della speranza che avevamo di costruire il dialogo comprendendo anche il dolore degli altri. Non c’è nessun popolo che è solo vittima o solo persecutore".

La senatrice slovena del PD Tatjana Rojc, alcuni giorni fa a Terni ha parlato della necessità di rispettare le storie di tutti e poi ha abbracciato la nipote di un capostazione prelevato dalle truppe jugoslave e mai più tornato a casa.

"Per fortuna ci sono gesti controcorrente. Ho però l’impressione che si stiamo facendo dei passi indietro. Ho sostenuto sin dall’inizio che fosse giusto celebrare il Giorno del Ricordo, in primo luogo perché era giusto superare una rimozione. Solo ponendo fine a questa rimozione è possibile il confronto tra memoria diverse. Non si può chiedere a chi a sofferto di capire le sofferenze degli altri se in primo luogo non riconosci le sue.
Il Giorno del Ricordo ha avuto dei frutti positivi. Faccio solo l’esempio della lapide posta dal comune di Bologna a ricordo e a critica di uno degli atti di insensibilità maggiore nei confronti degli esuli, i ferrovieri entrarono in sciopero per evitare che un convoglio di profughi si rifocillasse. Poi ci fu il concerto dei tre presidenti…".

Di quello parlano sempre tutti, ma poi mi pare che non si agisca sempre in questo senso.

"Ho seguito le vicende di una scuola romana che l’anno scorso ha fatto un viaggio in zona. C’è stata una pressione tale da parte della destra e delle associazioni dei profughi che ha impedito di andare a Gonars ed ha reso molto difficile fare tappa anche al Narodni Dom. Quello che ha fatto il presidente Napolitano, secondo alcuni esponenti degli esuli, non poteva essere fatto da dei liceali".

C’è chi vorrebbe il monopolio sul Giorno del Ricordo.

"Questo lo trovo inaccettabile. Sarebbe come se fosse l’ANPI (Associazione Partigiano d’Italia) a dare l’imprimatur sugli studi del fascismo. Non vi può essere monopolio. Rimpiango il presidente dell’ANVGD Lucio Toth. Mi colpiva la sua umanità. Le racconto un episodio. Stavamo presentando insieme la versione restaurata del “La città dolente”, che racconta l’esodo da Pola. Lui intervenendo disse il cappello de bersagliere li metteva grande gioia, ma subito dopo aggiunse che quello stesso cappello faceva paura ai suoi coetanei croati. Bisogna capire che la stessa cosa viene vista in modo diverso da occhi diversi e bisogna capire, rispettare anche quegli occhi. Questa caratteristica che Toth aveva io non la trovo nelle posizioni attuali delle associazioni degli esuli. Non è tutto nero, ma un irrigidimento ed una chiusura in se stessi, a volte inaccettabile, secondo me c’è".

Che ruolo sta giocando l’ANPI?

"L’ANPI avrebbe dovuto espellere e dovrebbe espellere le associazioni che coprono iniziative negazioniste e riduzioniste. Queste tesi mi sembrano inaccettabili per una organizzazione democratica. L’ANPI nazionale, in risposta a questo, ha organizzato di recente un convegno a Roma, in cui ha chiamato storici di primissima qualità: Giovanni De Luna, Franco Ceccotti, Annamaria Vinci e Marta Varginella. Guardando però all’impostazione di questo convegno qualche dubbio mi viene. Tre relazioni dedicate al fascismo e solo una alle foibe, senza nessuna relazione sulla politica di Tito, senza la quale è difficile capire quello che successe nel 1945. Mancava anche un riferimento specifico all’esodo, anche se sé ne è parlato molto durante il convegno. Io l’ho letto come un tentativo, e spero di non sbagliare, di aprirsi per processi ulteriori".

"Credo che sia intollerabile che l’ANPI metta il proprio marchio, anche a livello locale, a iniziative apertamente negazioniste, lo trovo gravemente sbagliato. C’è una cosa che mi colpisce nell’ANPI, un punto un che dovrebbe essere la prima a sottolineare: la grande differenza tra la resistenza italiana e quella jugoslava nel concepire l’unità antifascista. In Italia l’unità antifascista a era realmente pluralista che proiettava il pluralismo anche sul futuro. Da qui nasce la costituzione. La resistenza jugoslava, invece, tendeva a emarginare progressivamente - anche fino a soluzioni estreme in alcuni casi - chi non accettava il predomino comunista e poi l’annessione alla Jugoslavia di Tito. Ci sono dei casi in cui la logica jugoslava è stata adottata dalla resistenza italiana, c’è un caso soprattutto ed è una macchia per la resistenza italiana: Porzus. L’ANPI dovrebbe marcare in senso molto forte la propria distanza da una logica in cui diventa fascista non solo chi è fasciata, ma anche chi pur antifascista è contro l’annessione alla Jugoslavia di Tito. Questa non era la logica della resistenza italiana e questo dovrebbe urlare l’ANPI".

Stefano Lusa

L'audio dell'intervista a Guido Crainz andata in onda ne "Il vaso di Pandora"del 7 febbraio

Foto: MMC RTV SLO/Paternus
Foto: MMC RTV SLO/Paternus