Foto: Reuters
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Manca oramai poco meno di un mese all’insediamento di Joe Biden. L’amministrazione del 46.esimo presidente degli Stati Uniti sta prendendo ogni giorno più corpo e sarà dei colori dell’arcobaleno, così come la composita coalizione che lo ha portato alla Casa Bianca. A suo fianco, nel governo, per la prima volta nella storia, ci sarà anche una nativa americana. Una variopinta alleanza che per governare dovrà comunque trovare difficili sintesi, che saranno molto più complicate di quella di unirsi per sconfiggere Donald Trump.

Intanto il presidente uscente vive i suoi ultimi giorni asserragliato alla Casa Bianca. Un ultimo scorcio di mandato contraddistinto da esecuzioni capitali a raffica e concessione di grazie a quelli che sarebbero, secondo i maligni, i suoi amici finiti nei guai.

Falliti i propositi di ottenere a colpi di carta bollata quello che gli elettori gli hanno tolto, Tump, ha visto pian piano dissolversi la fitta rete di sostenitori che aveva alimentato le sue speranze subito dopo il voto. Il colpo più duro è probabilmente arrivato dal capo della maggioranza al Senato, Mitch McConnell, che dopo il voto dei grandi elettori, ha salutato la vittoria di Biden.

Intorno a Trump resta un manipolo di fedelissimi, una pletora di pittoreschi personaggi dalle posizioni sempre più estremistiche, che starebbero alimentando le sue fantasiose teorie del complotto e che soprattutto sarebbero disposti a fare di tutto per ribaltare l’esito del voto. Così c’è chi propone di usare la legge marziale per far rivotare in alcuni stati e chi vorrebbe fossero sequestrate le macchine per il conteggio dei voti, che sarebbero state controllate dai cinesi.

C’è chi parla di una vera e propria sindrome da bunker e di un pericoloso distacco dalla realtà, tanto che si è arrivati addirittura ad ipotizzare che non intenda lasciare il palazzo presidenziale il prossimo 20 gennaio. A quel punto, però, potrebbero essere i militari ad accompagnarlo alla porta.

Stefano Lusa