Foto: Radio Capodistria
Foto: Radio Capodistria

Nato a Pirano d’Istria, Giuseppe Tartini era destinato - nelle intenzioni del padre – a una carriera ecclesiastica o in alternativa giuridica… ma il giovane, scapestrato di suo, aveva una passione profonda per la musica. Questa passione – la ghianda hillmaniana - l’ha portato a diventare uno dei fondatori della tecnica violinistica moderna, colui che ha traghettato il violino dall’eredità di Arcangelo Corelli verso i funambolismi di Nicolò Paganini. Dopo il periodo di ricerca e di inquietudini di vita, che lo videro in viaggio in Europa e spesso alle prese con duelli (Tartini era un eccellente spadaccino), si trasferisce a Padova, dove la Presidenza della Veneranda Arca di S. Antonio gli chiese di prendersi carico dell’Orchestra della Basilica del Santo che era un eccellente gruppo di musicisti. Questa stabilità di vita, che non venne minimante scalfita dai reiterati inviti di diverse corti europee, gli permise di fondare quella che successivamente sarebbe stata denominata la Scuola delle Nazioni, che richiamava allievi violinisti da ogni dove.
L’eredità tartiniana oggi si mostra sia nella sua ricchissima attività di didatta, sempre attento alle esigenze dei suoi allievi, che nel suo corpus compositivo: non possiamo non essere d’accordo con Sergio Durante che nel suo Tartini, Padova, l’Europa annota: “l’importanza della scuola tartiniana nel contesto della cultura musicale settecentesca deve essere ancora interamente compresa, sia dal punto di vista del violino che della composizione”.
Il corpus di brani, lasciatoci da Tartini, è estremamente vasto, anche se sostanzialmente agglomerato attorno a due assi più significativi: le sonate e i concerti. Di questi due gruppi si sono occupati due studiosi (Minos Dounias per i concerti e Paul Brainard per le sonate), cui dobbiamo oggi i numeri di catalogo delle opere di Tartini che fungono da base imprescindibile per tutti gli studi successivi.
L’Arte dell’Arco - gruppo che prende il nome da uno dei brani didattici fondamentali per la tecnica del violino, composto da Tartini come variazioni su una gavotta di Corelli – ha portato avanti un lavoro di ricerca e ricostruzione più che ventennale dei 125 concerti del maestro piranese. L’idea del progetto si deve al violinista Giovanni Guglielmo, idea che ha incontrato l’entusiasmo di Pietro Mosetti Casaretto, fondatore della casa editrice Dynamic. Il prodotto finale è un cofanetto di 29 CD che è dedicato alla memoria di Mosetti Casaretto, scomparso nel 2012, e alla moglie Maria Luisa. A ridosso della pubblicazione del cofanetto è scomparso anche Giovanni Guglielmo. I tre nomi violinistici di punta che hanno seguito il monumentale progetto dall’inizio sono stati quelli del già citato Giovanni Guglielmo, del figlio Federico Guglielmo e di Carlo Lazari. Scorrendo l’agile libretto si scopre che le prime registrazioni risalgono al 1996 e sono curate da Pietro Mosetti Casaretto che nel 1997 lascia l’editing e la supervisione artistica a Fabio Framba.

Foto: Federico Guglielmo
Foto: Federico Guglielmo

Gli interpreti hanno affrontato numerosi problemi spinosi, anche considerando che la maggior parte delle opere tartiniane sono ancora manoscritte, sia autografe che copie, sparpagliate nelle biblioteche di mezzo mondo (Padova, Berlino, Dresda, Bruxelles, Vienna, Schwerin e Berkley). Se i manoscritti autografi sono spesso di difficile lettura, dovuta alla scrittura fitta e disordinata e alle frequenti correzioni e cancellature, si è dovuto sopperire alla mancanza di alcune parti con ricostruzioni moderne. Tutte queste difficoltà sono state risolte da Giovanni e Federico Guglielmo, da Carlo Lazari e da Nicola Reniero. La cura e l’attenzione interpretativa verso il lascito tartiniano passa anche attraverso la realizzazione dell’ornamentazione – presente soprattutto nei tempi lenti - che ha preso a modello il Trattato degli abbellimenti, uno scritto sull’ornamentazione improvvisata che circolava manoscritto tra gli allievi di Giuseppe Tartini. Un’ulteriore finezza interpretativa è data dalla scelta di suonare con il la3 a 442 Hz, in considerazione della relativa acutezza del diapason utilizzato all’epoca in Veneto.
Con questo cofanetto, in cui molti concerti sono registrati per la prima volta, si colma una grave lacuna nella nostra conoscenza del mondo compositivo di Giuseppe Tartini. Tutti noi ci auguriamo che questo cofanetto, con le sue interpretazioni di qualità, sia di auspicio per una rinascita dell’interesse verso Tartini.
Qui il link all'intervista a Federico Guglielmo per la trasmissione radiofonica Sonoramente Classici.