Luciano Ceschia (a sin.) con il presidente FNSI Beppe Giulietti
Luciano Ceschia (a sin.) con il presidente FNSI Beppe Giulietti

Con Luciano Ceschia se ne va un pezzo del buon giornalismo italiano. Giornalista Rai e direttore di giornali, fra questi il Piccolo di Trieste, ma soprattutto segretario della Federazione nazionale della stampa per nove anni, Luciano Ceschia, scomparso questa mattina all’età di 87 anni, era soprattutto una guida e un punto di riferimento per tutti i colleghi sui valori del buon giornalismo.
Era nato a Trieste il 13 dicembre del 1934 da una famiglia di origine istriana e friulana: raccontava spesso che il suo primo ricordo era la manifestazione in piazza Unità di Trieste il 18 settembre del 1938 nel corso della quale Mussolini annunciò le leggi razziali. Residente in Istria dal ’41 al ’48 a Buie, Momiano e Capodistria, iniziò l’attività politica da studente, e fu presidente del Circolo studenti medi triestini durante le cruente giornate del 1953.
Divenne giornalista professionista nel ’58 e fu anche dirigente della Dc e assessore comunale, ma rinunciò all’attività politica quando entrò nella Federazione della stampa.
La sua carriera professionale e sindacale lascia ben poco spazio a discussioni: divenne caposervizio al Piccolo di Trieste al Gazzettino di Venezia, poi il passaggio in Rai per 14 anni dal ‘66, dove divenne capo redattore centrale, con direttore Sergio Zavoli.
Per tre anni fu direttore del Piccolo di Trieste e per sei anni dell'Alto Adige di Trento e Bolzano. Fu tra i primi giornalisti triestini a fare negli anni ’60 servizi da inviato in Istria, regione che aveva lasciato da profugo nel 1948, riallacciando i rapporti con la comunità degli italiani rimasti.
Fu anche presidente dell’Usigrai e segretario della Fnsi, a cavallo fra gli anni ‘70 e ‘80, in cui i giornalisti erano anche obiettivi dei terroristi. Aveva organizzato con la Fnsi incontri internazionali con colleghi che lavoravano nel blocco comunista e promosso la prima legge per interventi organici a favore dell’editoria, con tutele per i giornali in cooperativa e delle minoranze come il Primorski Dnevnik, espressione della minoranza slovena.
La sua storia l’aveva raccontata nel libro “Il gatto rosso”, un soprannome affibbiatogli nel 1955 per il carattere e il colore dei capelli: attualmente era un ascoltato Consigliere nazionale della Fnsi e presidente onorario dell’Associazione regionale della stampa del Friuli Venezia Giulia, un punto di riferimento e un richiamo continuo per tutti i giovani colleghi sui valori del buon giornalismo e della tutela della categoria, un’enciclopedia della storia del giornalismo italiano che forniva consigli e indicazioni sempre con grande disponibilità e con una gran capacità di seguire e comprendere il mondo che cambiava. Il giornalismo italiano perde una guida e un amico.
Nel 2017 l’Assostampa Fvg gli aveva assegnato la Targa speciale del San Giusto d’oro: “Con la targa a Luciano Ceschia – aveva detto in quell’occasione il presidente del sindacato regionale Carlo Muscatello - vogliamo festeggiare i sessant’anni di giornalismo e impegno sindacale di un collega che, pur avendo salito tutti i gradini della carriera professionale fino a diventare direttore di giornali, non ha mai dimenticato l’altra sua anima, quella appunto sindacale, che lo ha portato fra l’altro a essere per dieci anni segretario generale della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti italiani. Un esempio per tutti i colleghi, in un momento di forte crisi dei corpi intermedi e di disaffezione delle giovani generazioni dal sindacato”.

Alessandro Martegani