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La Corte Suprema ha bloccato al Texas la legge che vieta alle grandi società di social media di precludere o censurare gli utenti in base al "punto di vista", schierandosi con due gruppi del settore tecnologico che hanno sostenuto che la misura avallata dai repubblicani trasformerebbe le piattaforme in "rifugi dell'espressione più vile immaginabile". La sospensione è stata votata da cinque giudici della Corte Suprema su nove, mentre il contenzioso continua dopo che un tribunale di grado inferiore l'11 maggio l'ha lasciata andare in vigore. I giudici Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, entrambi di orientamento conservatore ed entrambi nominati dall'ex presidente Donald Trump, hanno preso posizione in favore della sospensione, che segna una vittoria per i grandi gruppi tecnologici statunitensi. Il pronunciamento rappresenta invece una sconfitta per una parte del fronte conservatore Usa, che accusa i social media di moderare i contenuti sulla base di criteri discriminatori e ideologici e citano come esempio lampante la sospensione permanente da parte di Twitter dell'ex presidente repubblicano Trump dalla piattaforma poco dopo l'attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti da parte di una folla di suoi sostenitori, con la società che cita "il rischio di un ulteriore incitamento di violenza". Una legge simile a quella approvata dal Texas è stata adottata anche dalla Florida, ma è stata a sua volta bloccata da una corte d'appello federale la scorsa settimana. I gruppi industriali hanno affermato che la legge dello stato consentirebbe incostituzionalmente il controllo del governo sulla parola privata e "costringerebbe le piattaforme a diffondere tutti i tipi di punti di vista discutibili, come quello della Russia che sostiene giustificata l'invasione dell'Ucraina". Pertanto, ribadiscono, anziché avere piattaforme impegnate nella discrezione editoriale, diverranno il paradiso delle espressioni più vili immaginabili.

Corrado Cimador