Si tratta di una prima e significativa vittoria per i sindacati e soprattutto per i lavoratori della Wärtsilä, l’impianto di Bagnoli della Rosandra che, nei piani del gruppo finlandese, dovrebbe cessare la produzione di motori, mettendo a rischio 450 posti di lavoro senza calcolare quelli dell’indotto.
Sindacati e Regione Friuli Venezia Giulia, accanto alla vertenza sindacale che era arrivata fino al Ministero dello sviluppo economico a Roma (senza peraltro ottenere un cambiamento nei progetti dei vertici del gruppo finlandese), avevano avviato un’azione giudiziaria, lamentando l’irregolarità seguita nella procedura di chiusura, annunciata lo scorso 14 luglio.
La prima udienza si era tenuta mercoledì scorso e la sentenza è giunta prima del previsto: questa mattina il Giudice del lavoro del Tribunale di Trieste ha comunicato di aver accolto il ricorso presentato dai sindacati, secondo i quali Wärtsilä aveva tenuto un comportamento antisindacale.
Per il giudice, nella procedura di licenziamento dei 451 dipendenti dello stabilimento di Dolina, Wärtsilä non ha seguito le regole, e quindi tutti i licenziamenti non sono validi. Tutto da rifare dunque, ma probabilmente si tratta solo di un primo passo di un percorso che si preannunzia lungo e complicato, vista la determinazione di Wärtsilä nel cessare l’attività a Bagnoli della Rosandra.

Il giudice ha ripristinato la situazione a prima 14 luglio: questo significa che in questo momento non ci sono licenziamenti.

Antonio Rodà, Uilm Trieste

Quella di oggi – dice Antonio Rodà, della Uilm Trieste - è una vittoria sicuramente molto importante, perché il giudice ha accolto le nostre motivazioni sull’antisindacalità dell'iniziativa di Wärtsilä, e nel fare questo ha anche azzerato la procedura aperta il 14 di luglio, che di fatto apriva ai licenziamenti di 451 lavoratori, quindi oggi il giudice ha ripristinato la situazione a prima 14 luglio: questo significa che in questo momento non ci sono licenziamenti. Dopo questa importante vittoria auspichiamo che l'azienda non pensi più di ricorrere a questi stratagemmi per discutere di questi temi industriali e aziendali: per noi ci sono tutti i presupposti per continuare a fare produzione di motori su quella fabbrica, per garantire sia l’occupazione sia il lavoro industriale. Con questo tipo di atteggiamento l'azienda dovrebbe sedersi al tavolo. Il nostro auspicio è che questa pagina svenga superata”.
Ci sono ancora dei ricorsi in piedi – aggiunge guardando al futuro - : un articolo 700 presentato dalla regione Friuli Venezia Giulia, e sempre un articolo 700 presentato dalle RSU della fabbrica e dai rappresentanti sindacali di fabbrica, che avranno udienza nei prossimi giorni, rispettivamente il 28 di settembre 5 di ottobre. Per quanto riguarda l'azienda, ora abbiamo ristabilito la situazione precedente, per quanto ci riguarda oggi è come se fosse il 13 di luglio, quindi in questo momento non c'è una procedura di licenziamenti, non ci sono aperture di stato di crisi, e sta all'azienda in questo momento replicare e capire con che atteggiamento porsi nei confronti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori”.

Soddisfazione per la sentenza viene espressa anche dalle istituzioni. "Verrebbe da dire: giustizia è fatta - ha commentato il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia Piero Mauro Zanin -. L'Italia non è un terreno di conquista ma un Paese che tutela il lavoro e promuove lo sviluppo. Ora il dialogo prosegua con le giuste basi e le opportune prospettive di salvaguardia per l'occupazione e per l'economia nazionale e territoriale".

Per il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga "il giudice del lavoro del Tribunale di Trieste ha riaffermato un principio di civiltà: quando si prospettano decisioni aziendali con un impatto negativo pesante su produzione e lavoro - ha detto - vanno garantiti preventivamente un'adeguata informazione ed un effettivo confronto con le parti sociali, come, con tutta evidenza, non era avvenuto in questo caso, con parti sociali e istituzioni, messe di fronte al fatto compiuto con il pretesto di un ossequio formale a dati normativi".

Il gruppo Wärtsilä è stato intanto condannato al pagamento di 50 mila euro a ciascuna delle sigle sindacali ricorrenti a titolo di risarcimento per danno di immagine, oltre al pagamento delle spese legali e di pubblicazione del decreto su alcuni quotidiani nazionali. Nulla, da fare invece per il ricorso presentato dall’amministrazione regionale, che si era affiancata ai sindacati, ma che, secondo il giudice, non avrebbe titolo per ricorrere.

Alessandro Martegani