“Sono felice e spero di poter tornare presto in Italia”: poche parole, ma che rivelando un immenso sollievo quelle di Patrick Zaki, lo studente dell’università di Bologna e attivista per i diritti civili egiziano, condannato e poi graziato dal presidente Al Sisi.
Zaki, 32 anni, è stato liberato nel primo pomeriggio, ponendo fine a un incubo durato tre anni: la vicenda del ricercatore dell’università di Bologna era iniziata nel febbraio del 2020, quando era stato fermato all’aeroporto del Cairo, e accusato di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo, attività che, per i servizi egiziani, Zaki avrebbe compiuto all’estero.
Da quel giorno seguirono più di un anno carcerazione preventiva, maltrattamenti, undici udienze, con una continua attività diplomatica e pressione politica per arrivare alla liberazione che, dopo più di tre anni è avvenuta, anche se non in tribunale. Zaki era stato infatti condannato a tre anni dal tribunale, ma poche ore dopo è giunta la grazia del Presidente egiziano, frutto del lavoro diplomatico dell’Italia.
Dopo le procedure di rito, Patrick ha potuto abbracciare i familiari e la fidanzata, che attendevano da ore fuori dal carcere di Gamasa. “Ora – ha detto poco dopo la liberazione al Corriere della Sera - sono felice, sono qui con la mia famiglia, con tutte le persone che amo”. “Devo solo dire grazie all’Italia per essere stata vicina a me e alla mia famiglia e a tutti quelli che hanno tenuto accesa la luce della speranza”.
La liberazione del ricercatore, diventato un simbolo della repressione in Egitto, è stata accolta con soddisfazione in Italia, a partire dalla Premier Giorgia Meloni, che ha detto di attendere Patrick a Roma. La grazia, ha detto il ministro della difesa, Guido Crosetto, “non è un atto casuale, ma il frutto di lavoro, di rapporti, di serietà, di considerazione, di diplomazia, di senso delle Istituzioni, di rispetto. Perché c’è chi passa le giornate a criticare e c’è chi lavora”.
Una frecciata alle opposizioni, che in passato avevano accusato la maggioranza di non impegnarsi sul caso, e Fratelli d’Italia di non aver votato in Parlamento la proposta di concedere la cittadinanza italiana al giovane ricercatore. Da sinistra, pur manifestando felicità per la liberazione, si paventa però anche la possibilità che la grazia sia una sorta di scambio per ottenere da Roma un atteggiamento più morbido sul caso Regeni, e sulla richiesta di perseguire gli agenti egiziani responsabili delle torture e della morte del giovane di Fiumicello.
"Nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco - ha però replicato il ministro degli Esteri Antonio Tajani -: il governo è stato in grado di far tornare in Italia un giovane ricercatore che rischiava di stare ancora un po' di tempo in carcere. Siamo persone serie, non facciamo baratti di questo tipo".
Anche la Conferenza dei rettori delle università italiane però, pur "applaudendo all'epilogo atteso da anni per Patrick Zaki", ha auspicato "risultati analoghi per il caso di Giulio Regeni, ancora in attesa di una risposta chiarificatrice".

Alessandro Martegani