Ameriško vojaško letalo Foto: Reuters
Ameriško vojaško letalo Foto: Reuters

Nella notte, le forze armate statunitensi hanno attaccato un totale di 85 obiettivi in Iraq e Siria, utilizzando missili a guida di precisione. Le strutture colpite includono centri di comando, centrali di intelligence, depositi militari e strutture logistiche e della catena di approvvigionamento di gruppi di milizie. Lo ha dichiarato ai giornalisti il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano John Kirby. Gli attacchi di questa notte sono la risposta all'attacco di una settimana fa a una base statunitense nel nord della Giordania che ha provocato la morte di tre soldati americani e ne ha feriti oltre 40. Poco dopo l'assalto, il Presidente Joe Biden aveva annunciato una risposta "in un momento e in un luogo a scelta degli Stati Uniti". Gli USA "non vogliono il conflitto in Medioriente o in qualsiasi altra parte del mondo, ma chiunque voglia farci del male sappia che se fate del male a un americano reagiremo" ha aggiunto il portavoce.

Secondo l'ONG Osservatorio per i diritti umani in Siria il bilancio degli ultimi attacchi americani sarebbe di 18 miliziani filoiraniani uccisi. Gli Stati Uniti hanno informato il governo iracheno prima di effettuare gli attacchi. Lo ha precisato la Casa Bianca dopo che Bagdad aveva dichiarato che questi ultimi costituiscono una violazione della sovranità irachena, minano gli sforzi del governo e minacciano di far precipitare il Paese e la regione in conseguenze "nefaste" e imprevedibili le quali potrebbero essere devastanti per la sicurezza e la stabilità. Il ministro della difesa siriano ha sottolineato invece che gli attacchi da parte degli Stati Uniti "non hanno alcuna giustificazione e sono un tentativo di indebolire le capacità dell'esercito siriano e dei suoi alleati nella lotta contro il terrorismo", aggiungendo infine che "l'occupazione di parti del territorio siriano da parte delle forze statunitensi non può più continuare". Il capo della politica estera dell'Unione Europea, Josep Borrell, esorta le parti coinvolte a evitare che "la situazione in Medio Oriente degeneri" parlando di "una caldaia che può esplodere".