Foto: EPA
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"Combatteremo fino alla completa vittoria, il che include delle operazioni su larga scala su Rafah dopo che avremo permesso alla popolazione civile di abbandonare le operazioni di guerra". Così il capo del governo israeliano, Benjamin Netanyahu, nonostante i numerosi appelli a non iniziare l'offensiva, tra cui quelli di Germania, Australia, Canada e Nuova Zelanda. A Rafah, nei pressi del confine tra Gaza e Egitto, si sono infatti rifugiati quasi 1 milione e mezzo di palestinesi, che, secondo Al Jazeeza, stanno già lasciando la zona.
In una telefonata, il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto al primo ministro israeliano la cessazione delle operazioni militari a Gaza. "La situazione umanitaria è intollerabile", ha sottolineato. Macron ha anche espresso una forte opposizione all'annunciata offensiva su Rafah, "che porterebbe ad una catastrofe umanitaria di proporzioni inimmaginabili".
Stati Uniti e alcuni paesi arabi intanto stanno lavorando ad un piano per il dopo-guerra, che Israele probabilmente non sarà pronto accettare. Questo prevede, tra l'altro, una tempistica certa per la creazione di uno Stato palestinese. Il punto di partenza, comunque, è una tregua a Gaza, della durata di almeno 6 settimane. Durante questo periodo Washington dovrebbe rendere pubblico il progetto e fare i primi passi verso la sua attuazione.
Pronta la reazione del ministro delle Finanze israeliano, che chiederà "alla riunione del gabinetto di sicurezza che venga presa una decisione chiara". Il ministro si oppone "alla formazione di uno Stato palestinese" che rappresenta "una minaccia esistenziale per Israele". Forte opposizione e rabbia anche da parte del ministro della Sicurezza nazionale: "L'intenzione di creare uno Stato terroristico accanto allo Stato di Israele è delirante e fa parte della concezione sbagliata che dall'altra parte ci sia un partner per la pace", ha dichiarato. "Finché saremo al governo", ha aggiunto, "non verrà creato nessuno Stato palestinese".