Foto Radio Koper Foto:
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Non manca di sorprendere Boris Pahor, che alla soglia dei 105 anni pubblica un nuovo libro. Si intitola "Senza la collaborazione di Edvard Kocbek non ci sarebbe stato il Fronte di Liberazione", in cui sviluppa la tesi secondo cui senza la partecipazione del grande intellettuale e amico non ci sarebbe stata la resistenza slovena contro l'occupatore nazi-fascista. Il volume esce in accordo con Peter Kovačič Peršin, molto vicino a Kocbek negli anni successivi al secondo conflitto mondiale. Riporta fedelemente il colloquio avuto dai due sulla vicenda Kocbek, processato nel dopoguerra come dissidente e oppositore al sistema jugoslavo. Contiene inoltre alcune lettere scritte in quegli anni da Pahor e Kocbek, una testimonianza del loro ultimo incontro, avvenuto a Monaco nel 1980, cinque anni dopo la pubblicazione dell'intervista a Kocbek in cui veniva rivelata per la prima volta l'uccisione sommaria di undici mila militari domobrani, consegnati dagli inglesi a guerra già finita alle unità militari jugoslave. E' questa una delle pagine più nere della storia peraltro gloriosa del movimento di liberazione jugoslavo. Boris Pahor a tutt'oggi ne è indignato. Sloveno di cittadinanza italiana, nato a Trieste quando la città faceva ancora parte dell'Impero asburgico, Pahor ha vissuto in prima persona i più grandi orrori del Novecento: la repressione fascista della Venezia Giulia, i due conflitti mondiali, l'esperienza nei campi di concentramento nazisti, infine il duro ostracismo della Jugoslavia comunista. È autore di decine di opere tradotte in tutto il mondo, molte delle quali legate a esperienze di vita vissuta, ed è stato più volte candidato al Nobel. La sua straordinaria longevità l'ha reso ormai l'ultima memoria letteraria del Secolo breve.