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Ancora polemiche sul prossimo salone del libro di Torino per la presenza della casa editrice Altaforte, ritenuta vicina a Casapound. Dimissioni e defezioni stanno segnando i giorni che precedono l'inaugurazione della kermesse libraria, che mai come in questa occasione è stata al centro del dibattito. A scontrarsi sull'opportunità o meno di ospitare editori ed intellettuali vicini al mondo neofascista sono un gruppo di intellettuali e scrittori che si definiscono antifascisti, che pensano che non bisogni dare alcuna visibilità a realtà culturali legate a movimenti di estrema destra.

Una posizione, però, che non è consivisa da tutta la cosiddetta intellighenzia di sinistra. Se da un lato Wu Ming, lo storico Carlo Ginzburg, Zerocalcare e la presidente nazionale dell'Anpi Carla Nespolo oltre alcune case editrici annunciano l'intenzione di non partecipare alla buchmesse; in queste ore una serie di intellettuali di sinistra, tra i quali la scrittrice Michela Murgia, lanciano l'hashtag #iovadoatorino, sostenendo che solo con la cultura si può arginare ogni possibile degenerazione.

Spaccata anche la comunità ebraica italiana, i cui membri si stanno confrontando sull'annuncio da parte del museo di Auschwitz di non partecipare se la casa editrice al centro del dibattito non sarà esclusa.

Una posizione difesa anche dal sindaco di Torino Chiara Appendino, che sostiene la manifestazione e l'opportunità di ospitare Altaforte e il suo fondatore Francesco Polacchi, che si definisce fascista e che ha scatenato le polemiche con l'annuncio della presentazione al salone di un libro biografico su Matteo Salvini «Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio», che nonostante non sia ancora uscito nelle librerie sta già sbancando su Amazon.

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