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Dopo il giorno della Memoria anche il 25 aprile a Trieste diventa un momento più che di unione di divisione. Una situazione nata dai rapporti non poprio idilliaci tra l'ANPI e l'attuale consiglio comunale, che ha portato alla scelta da parte di alcune organizzazioni di manifestare al di fuori della cerimonia ufficiale.

Una rottura nata dopo una lunga riflessione come ci ha raccontato

È stata una scelta che abbiamo preso non a cuor leggero. Abbiamo ragionato a lungo su questa decisione nata dal fatto che, unico caso in Italia tra le grandi città, nelle celebrazioni ufficiali della città di Trieste a San Sabba non viene data la parola a chi la resistenza la rappresenta. Nonostante si sia chiesto più volte, anche l'anno scorso, che ad intervenire fosse anche qualche nostro rappresentante abbiamo sempre ricevuto un diniego da parte dell'amministrazione comunale. Anche quest'anno, nonostante la riunione indetta per organizzarla, il programma della manifestazione presentato dal Comune è stato prendere o lasciare, senza la possibilità di alcuna forma di collaborazione o di proposta integrativa. Noi riteniamo che, anche a causa di molte cose che stanno capitando da qualche anno a questa parte, ultima in ordine di tempo l'attacco all'ANPI e all'istituto di storia della Resistenza sulle vicende del confine orientale, non si possa subire attacchi ogni mese e il 25 aprile fare finta di niente e salutare come se nulla fosse il sindaco, quando nelle sue dichiarazioni non fa mai cenno al fascismo alla lotta di liberazione, quasi si trattasse solo di una cosa burocratica.

Cosa avete deciso di fare?

Noi, quindi, anche per evitare polemiche come quelle dell'altro anno, abbiamo deciso insieme alla CGIL ed a altre organizzazioni di invitare la gente a ritrovarsi alle 10.30 davanti al piazzale del Grezzar per poi scendere verso la Risiera con in testa un semplice striscione con scritto "Viva la Resistenza" in italiano ed in sloveno. Per poi arrivare a cerimonia conclusa e fare la nostra manifestazione. Non si tratta di una contro manifestazione ma solo di una diversa manifestazione per valorizzare il più possibile il 25 aprile, come festa fondante della Repubblica italiana e come valore costituente, visto anche il periodo, dell'Unione europea che si basa sull'antifascismo e non può essere ridotta ad un semplice fatto burocratico.

Perché questa festa che un tempo univa gli italiani, oggi sta diventando un motivo di divisione?

Perché stanno prendendo sempre più piede i valori divisivi propri del fascismo, come ad esempio l'individuazione del nemico interno ed esterno, che possono essere i rom o gli immigrati. Se pensiamo al rigurgito di antisemitismo nel nostro paese si capisce che se non si da un freno a queste cose, con una chiara presa di posizione da parte dell'istituzioni, queste situazioni divisive non potranno che aumentare.

Va bene il ricordo dei morti, ma non ha senso parlare di memoria condivisa. Questa idea è servita solo a sdoganare i valori del fascismo, che sono antitetici alla democrazia ed all'Italia e all'Europa moderna. Oggi abbiamo un ministro dell'Interno che parla del 25 aprile come fosse un derby tra comunisti e fascisti, politici che parlano di crimini dei partigiani senza nominare quelli del fascismo e un presidente del Parlamento europeo come Tajani che dice che il fascismo è stato anche una cosa buona. Il 25 aprile non è un derby tra comunisti e fascisti ma è la valorizzazione dei valori di libertà e giustizia che sono stati alla base della lotta di resistenza.

Barbara Costamagna