Un grande scrittore, oggi un po' dimenticato (destino comune a tanti nostri autori del secolo scorso), uno scrittore dallo stile limpido ed elegante, con il gusto dell'indagine psicologica, che fu anche giornalista e poeta. Questo è stato Pier Antonio Quarantotti Gambini, morto a Venezia a soli 55 anni il 22 aprile 1965. Era nato a Pisino, figlio di un rovignese e di una capodistriana. E a Capodistria, oltre che a Trieste trascorse la sua infanzia e quasi tutta l'adolescenza. Studiò al Combi, crescendo a Semedella: il futuro scenario di tanti suoi romanzi e racconti. Laureato in legge a Torino, negli anni della seconda guerra fu direttore della Biblioteca civica di Trieste, che oggi porta il suo nome e da cui fu allontanato per motivi politici. E dal 1945 visse nella città lagunare, dove diresse l'emittente clandestina Radio Venezia Giulia.
"Vero cantore dell'Istria veneta", secondo la definizione che ne ha dato Fulvio Tomizza, Quarantotti Gambini ha rievocato quel piccolo mondo scomparso (in particolare capodistriano) in uno dei suoi romanzi più belli, "La rosa rossa" (diventato anche un film di Franco Giraldi), ma il suo libro più noto è "L'onda dell'incrociatore" (titolo distillato da Umberto Saba), romanzo ambientato a Trieste, sua seconda patria, con il quale vinse nel 1948 il Premio Bagutta.
Capodistria e Trieste, amati luoghi della vita, e della vicenda postuma. A Capodistria Pier Antonio Quarantotti Gambini è sepolto nel cimitero di San Canziano, mentre le sue carte sono state acquisite dall'Irci, l'Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata di Trieste. Città dove nell'anniversario della morte lo ricorda l'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, riproponendoci il profilo di un irregolare, allergico alle ideologie, alle mode, alle scuole di stile. "Un italiano sbagliato" come lo stesso scrittore si definiva, raccontando di sentirsi fuori posto in un'Italia che gli sarebbe piaciuta "un po' nordica e molto europea".

Ornella Rossetto