Dopo le accuse di scelte politiche è scoppiata la guerra delle cifre fra il governo italiano e le regioni: quella che fino a pochi giorni fa veniva respinta come una fake news, vale a dire la trasmissione di dati non corretti, intenzionalmente o meno, sull’andamento dei contagi nelle varie regioni, si sta trasformando in una sconcertante verità.
Il sospetto che i dati che giungono dalle aziende sanitarie, e su cui il governo ha preso delle decisioni riguardo le restrizioni da applicare in ogni regione, le famose zone gialle, arancioni o rosse, siano falsati si è ormai fatto strada, tanto da richiedere il rinvio a oggi della cabina di regia che avrebbe dovuto decidere sulla conferma o meno dei colori assegnati. A ieri nove regioni non avevano trasmesso i propri bollettini, o li avevano inviati incompleti.
Sotto osservazione ci sono regioni come la Campania, che potrebbe addirittura passare da gialla a rossa, come chiesto dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris, e in cui i posti liberi in terapia intensiva sarebbero incredibilmente triplicati nel giro di una settimana, ma anche Liguria, Abruzzo e Umbria. L’Istituto superiore di sanità sta analizzando nuovamente i dati e una decisione da parte del ministro della salute Roberto Speranza è attesa in giornata, ma intanto le accuse si moltiplicano.
I dati necessari per elaborare i 21 parametri su cui si classificano le regioni arrivano in ritardo e spesso sono incompleti, e, accanto a palesi contraddizioni e negligenze, come quella della Calabria che non aveva a disposizione dati precisi che dividessero i pazienti in terapia intensiva con quelli meno gravi, determinando una sostituzione immediata del commissario che gestisce la macchina sanitaria, si fa largo il sospetto che alcune ammirazioni abbiano fornito volutamente dati edulcorati per evitare le chiusure. In Liguria è già scattata un’inchiesta della magistratura, ed esposti e segnalazioni giungono anche in altre regioni.
“Sarebbe un reato grave dare dei dati falsi” ha tuonato il ministro Speranza, ma c’è anche chi, come il ministro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, ricorda che il sistema di monitoraggio è in vigore da 24 settimane ed è condiviso. Da parte delle regioni rose però arrivano accuse precise come quella del governatore del Piemonte Cirio, che ha ricordato come cinque regioni, Valle d’Aosta, Liguria, Basilicata, Abruzzo e Veneto, non avessero trasmesso i dati necessari nel giorno in cui è stata presa la decisione sulle zone. “Cinque regioni – ha spiegato - avevano una percentuale di rischio non calcolabile non avendo consegnato tutti i dati”.
Lo scontro riguarda però anche la responsabilità di decisioni che appaiono ormai molto impopolari: dopo aver richiesto maggior considerazione, le regioni avevano prima accusato il governo di aver scaricato sulle amministrazioni regionali e comunali la responsabilità della decisione, e ora contestano l’esecutivo per aver differenziato le misure, considerate troppo penalizzante in alcune aree del paese.
Polemiche destinate a rinnovarsi anche oggi, quando probabilmente cambierà la cartina dei colori delle regioni italiane.

Alessandro Martegani

Foto: MMC RTV SLO
Foto: MMC RTV SLO