Julia Unterberger
Julia Unterberger

“Qui siano in Italia!” È una frase che, quando si parla dell’uso di una lingua minoritaria in Italia, sembra spuntare in modo ricorrente, nonostante gli sforzi fatti per insegnare il rispetto delle comunità linguistiche e dell’uso delle lingue minoritarie.
È accaduto anche nel corso della maratona elettorale che ha confermato Sergio Mattarella al Quirinale: la senatrice Julia Unterberger, reduce da un incontro con il Capo dello Stato in qualità di presidente del gruppo per le Autonomie, intervistata in tedesco da una collega della Rai Südtirol di Bolzano, aveva iniziato a rispondere nella propria lingua madre, la stessa della domanda peraltro, quando alcuni colleghi hanno iniziato a rumoreggiare e a interrompere, dicendo frasi come “qui siamo in Italia”, e affermando che la risposta andava data in italiano. C’è stato anche qualcuno che ha azzardato uno sgrammaticato “l’Italia non è deutsch”, con un tono quasi canzonatorio, provocando la reazione della senatrice: “Anche il Sud Tirolo è in Italia – ha detto - e lì si parla tedesco”.
Non contenti alcuni presenti le hanno anche parlato di “sovranismo” causando una nuova replica: “Non si tratta di sovranismo, è che voi dovete imparare ad accettare il diverso” ha detto la senatrice. Alla fine, come sarebbe dovuto accadere fin dall’inizio, e come accade regolarmente nelle aree dove c’è sensibilità sull’uso della lingua, i colleghi hanno atteso la fine della risposta in tedesco, per poi domandare l’esito dell’incontro in lingua italiana, non mancando però di far innervosire di nuovo la senatrice quando le hanno sottolineato l’uso del termine ”abbiamo pregato Mattarella di rimanere”, e costringendola nuovamente a ricordare che l’italiano non è la sua lingua madre.
Un episodio che testimonia come, perlomeno nelle aree del paese dove non sono presenti minoranze linguistiche, non ci sia ancora sufficiente sensibilità sul tema della tolleranza e dell’uso di lingue diverse dall’italiano.
Un fatto sottolineato anche dal segretario del Südtiroler Volkspartei e assessore della provincia di Bolzano, Philipp Achammer: “È – ha detto - veramente deludente che esista ancora un atteggiamento del genere. Questo è modo di pensare che si riteneva ormai appartenesse ai tempi passati, un atteggiamento nazionalistico secondo cui ci sarebbero una lingua e una cultura primaria, e tutte le altre sarebbero secondarie, e tutto ciò non può essere accettato da parte nostra. Noi riaffermiamo i nostri diritti e la Costituzione, e tutto quello che la Costituzione prevede in materia. Questo significa che tutti dovrebbero essere fieri del fatto che sul territorio ci siano anche delle minoranze che hanno i propri diritti, e accettare questa diversità, accettare anche altre lingue madri radicate sul territorio. Anche il nostro Statuto d'autonomia prevede un’equiparazione, soprattutto sul nostro territorio, della nostra lingua madre, ed è logico che anche nei confronti dei media della nostra provincia noi ci esprimiamo nella nostra lingua madre”.
“Pensavamo e speravamo – ha aggiunto Achammer - che la situazione fosse migliorata, ma evidentemente per alcune persone non è così: moltissimi giornalisti sanno cosa significa vivere in questo territorio e sanno cosa significa il termine minoranza, ma un simile atteggiamento da parte di singoli giornalisti non può essere accettato. Esprimo la massima solidarietà per la nostra senatrice: i nostri rappresentanti a Roma hanno sempre rappresentato la nostra autonomia, la nostra minoranza, così come anche altre minoranze, e sostengono a livello nazionale, come anche internazionale, i loro diritti: questi devono essere accettati e rispettati da tutti, anche dai giornalisti che erano presenti di fronte al Quirinale”.
Al di là del biasimo sull’accaduto dal punto di vista politico, un ricorso ufficiale sulla vicenda appare però quantomeno difficile. Tutti in giornalisti presenti avevano la mascherina e quindi è impossibile, a meno di un’ammissione spontanea, risalire agli autori delle frasi ritenute inopportune, circostanza che escluderebbe un ricorso all’ordine dei giornalisti o a un’altra autorità. Non è comunque escluso che alla stessa senatrice si rivolga alla Rai e ad altre testate presenti per segnalare l’episodio e chiedere una maggiore attenzione al tema dei diritti delle minoranze e del rispetto delle lingue minoritarie.

Alessandro Martegani