Foto: Reuters
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In un comunicato diffuso dalle forze armate di Taipei si legge che "il ministero della Difesa nazionale sottolinea che si atterrà al principio di prepararsi alla guerra senza cercare la guerra" ed accusa, inoltre, il governo di Pechino di "comportamento irrazionale".
Le esercitazioni, sempre secondo Taipei, avrebbero "l'intenzione di cambiare lo status quo e d'interrompere la pace e la stabilità regionali. L'esercito nazionale continuerà a rafforzare la sua allerta e le truppe a tutti i livelli condurranno l'addestramento quotidiano". In queste ore l'esercito taiwanese ha attivato i sistemi di difesa e rafforzato la prontezza ad affrontare eventuali scontri.
Le esercitazioni di Pechino, che dovrebbero concludersi lunedì, sono focalizzate sull'addestramento congiunto con sessioni di blocco, assalto di target marittimi, attacchi sulla terraferma e attività di controllo dello spazio aereo, nell'ambito di un test generale sulle capacità di combattimento e di coordinamento delle truppe.
La Cina indica comunque gli Stati Uniti come responsabili della crisi ed ha anche attaccato il G7. "Sono gli Stati Uniti che hanno provocato i guai, la crisi e che continuano ad aumentare le tensioni", ha affermato il ministro degli Esteri Wang Yi, che ha risposto duramente anche al comunicato congiunto del G7 che ha chiesto a Pechino di evitare una "aggressiva attività militare per il rischio di una escalation non necessaria e di non cambiare unilateralmente lo status quo con la forza".
La posizione degli USA, nel frattempo, non cambia ed il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha affermato che "gli Stati Uniti si oppongono a qualsiasi sforzo unilaterale per cambiare lo status quo di Taiwan, soprattutto con la forza".
Anche in Giappone sale l'allerta, visto che cinque missili balistici lanciati dalla Cina sono finiti nella zona economica esclusiva del Giappone.

Davide Fifaco