La proroga di un anno delle concessioni balneari in Italia decisa dalla maggioranza di centro destra, nonostante le regole europee impongano di riassegnare con un bando le concessioni, non hanno spazzato via le polemiche in vista dell’avvio della stagione estiva.
Oltre alle proteste dell’opposizione, negli ultimi giorni c’è stata anche una sentenza del Consiglio di Stato che, intervenendo sulla decisione del Comune di Manduria, nei pressi di Taranto, che aveva prorogato al 2033 tutte le concessioni demaniali marittime dopo il ricorso di alcune società balneari, ha decretato che le norme di proroga automatica delle concessioni balneari "sono in contrasto" con l'articolo 12 della direttiva europea e, dunque, "non devono essere applicate".
La decisione comprende sia i provvedimenti del governo Conte, sia la recente disposizione del decreto Milleproroghe, che invece proroga automaticamente le concessioni, contrariamente a quanto disposto dalla direttiva europea Bolkestein, che è auto applicativa, dicono i magistrati, e che punta a favorire la concorrenza.
La nuova sentenza, contraria alla proroga delle concessioni, che non vengono riassegnate da decenni e che fra l’altro fruttano pochi spiccioli allo Stato, nonostante il valore economico dell’uso delle spiagge (la maggior parte degli stabilimenti balneari paga una quota annuale inferiore a mille euro), è stata però accolta con scetticismo dalla maggioranza, anche se contro l’Italia è già stata aperta una procedura d’infrazione: “Rivendichiamo - ha detto il vicepresidente del Senato ed esponente della Lega Gian Marco Centinaio - la norma introdotta con la conversione in legge del Milleproroghe e il diritto del Parlamento a legiferare. Una volta che avremo chiaro il quadro di quanta parte del litorale italiano è attualmente occupato e quanto invece rimane libero, potremo dimostrare alla Commissione europea che ci sono gli spazi per consentire l'ingresso di nuovi concessionari”.
Sulle proroghe aveva però espresso “specifiche e rilevanti perplessità” anche lo stesso Presidente Sergio Mattarella, ricordando che si tratta di provvedimenti “difformi dal diritto europeo, anche in considerazione degli impegni in termini di apertura al mercato assunti dall'Italia con il Pnrr”.
Sull’inadeguatezza dei canoni pagati dagli attuali concessionari intanto, è intervenuto anche uno dei più famosi titolari di concessioni, Flavio Briatore, che, intervistato dal Corriere della Sera, ha ammesso che “al demanio abbiamo sempre pagato poco o niente e credo che lo Stato ricavi meno di cento milioni all’anno”. Il Twiga, uno dei locali più esclusivi di Forte dei Marmi di sua proprietà, paga una quota annuale di poche migliaia di euro, a fronte di un fatturato di 10 milioni nel 2022.

Alessandro Martegani