Foto: Reuters
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L’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del giornalismo è ancora difficilmente prevedibile, ma i timori sull’uso di questa tecnologia, che può produrre contenuti senza alcuna interazione umana, hanno avuto una prima conferma dalle notizie degli ultimi giorni: il quotidiano tedesco “Bild” ha infatti annunciato la volontà di ridurre la redazione di 200 posti, persone che saranno sostituite da un sistema d’intelligenza artificiale generativa, ma si parla anche di utilizzare la stessa tecnologia per fare le pagine e gestire l’organizzazione del lavoro.
Anche Urbano Cairo, editore che controlla varie testate in Italia, fra le quali “La Sette” e il “Corriere della Sera”, nel corso di un recente viaggio negli Stati Uniti ha detto che questa tecnologia offre possibilità che vanno valutate.
Al di là delle ripercussioni immediate sulle redazioni, comunque importanti, fa discutere anche la possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale per raccogliere informazioni e scrivere automaticamente, creando quindi dei contenuti informativi senza alcun intervento da parte di giornalisti in carne e ossa: un processo già ribattezzato “giornalismo automatizzato”, meno costoso per gli editori e rapido, ma sul quale gravano molti interrogativi. Se infatti non c’è dubbio sul fatto che la tecnologia possa velocizzare i processi produttivi, aiutando anche i giornalisti a trovare informazioni nei database e sulla rete in tempi rapidi, la possibilità che all’intelligenza artificiale venga affidata la realizzazione di contenuti di settori dell’informazione che richiedono capacità critica e di contestualizzazione delle notizie, rappresenta un rischio per una corretta informazione dei cittadini e quindi per la democrazia.
La chiave ancora una volta non sta nello strumento utilizzato, ma nell’uso che si deciderà di farne: anche l’avvento di Internet aveva fatto storcere il naso a molti giornalisti, che ritenevano “troppo facile la raccolta delle informazioni”, e ora la rete è uno strumento fondamentale per la professione. Lo stesso discorso vale per l’uso dei traduttori automatici: tutto dipende dall’atteggiamento che il giornalista, che deve sfruttare il mezzo per migliore il proprio prodotto e non adagiarsi sui risultati ottenuti con facilità e senza valore aggiunto umano.
Ora però il discorso sembra più complesso, e in parte più inquietante, perché si comincia a parlare di una vera e propria sostituzione dei giornalisti con il giornalismo automatizzato (che fra l’altro è sviluppato controllato da società private che non rispondono ad alcun codice etico), non solo nei contenuti, ma anche nell’organizzazione della redazione, e le prime reazioni da parte della categoria sono state durissime: “Mai e poi mai - ha detto l’associazione tedesca dei giornalisti dopo il caso di Bild - il collega AI potrà sostituire l'editore in carne ed ossa.
Anche in Italia la Federazione nazionale della Stampa ha dedicato al tema il suo ultimo Congresso, e si pensa già a una sorta di “bollino” per segnalare ai lettori i pezzi creati con i sistemi informatici.
La stessa Commissione europea ha affrontato il problema, ipotizzando un'etichetta, o un bollino, per marchiare un contenuto ritenuto rischioso per la sua origine artificiale, ma queste soluzioni rischiano solo di rinviare una regolamentazione dell’intero sistema, lasciando spazio agli editori senza scrupoli che puntano a redazioni quasi esclusivamente automatizzate. Appare di più ampia prospettiva invece l’iniziativa dell’Europa, che ha chiesto a Google, Meta, Microsoft, TikTok e altre società tecnologiche, di aderire a un accordo volontario sottoscritto nei Paesi dell’Unione Europea per affrontare il problema dell’AI e contribuire alla lotta alla disinformazione.
Il dibattito coinvolge poi anche la pluralità delle fonti d’informazione, poiché si sta parlando di sistemi molto costosi, e se le grandi testate, come il New York Times o il Financial Times, stanno già sviluppando i propri sistemi, le realtà più piccole, come giornali o media locali, non potranno sostenere simili costi, e dovranno affidarsi a società esterne che potrebbero controllare il flusso d’informazioni.

Alessandro Martegani