Foto: Radio Capodistria/Fifaco
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Gli ombrelli rossi sono il simbolo mondiale delle sex workers ma nel progetto della Sartoria Sociale Lister gli stessi ombrelli si trasformano in frisbee, aquiloni, mantelline per bambini ed altri oggetti.

Ma "Ombrelle rosse" è soprattutto il punto di incontro tra una delle cooperative sociali basagliane ed i gruppi auto organizzati di sex worker, in particolare il Comitato dei Diritti Civili delle Prostitute, insieme anche a soggetti terzi, attraverso il quale poter affermare emancipazione e diversità come pratiche per città sostenibili, giuste ed inclusive.

Foto: Radio Capodistria/Fifaco
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Ne abbiamo parlato con Pantxo Ramas, curatore e coordinatore del progetto:

"Ombrelle Rosse nasce dall'incontro tra Lister Sartoria Sociale e Ombre rosse, collettivo di sex worker auto-organizzate e da lì coinvolge Cizerouno, un'agenzia di comunicazione, ConfBasaglia, un'associazione Basagliana, il Comitato per i diritti civili delle prostitute, per trasformare gli ombrelli rossi in oggetti che raccontano della vita quotidiana invisibilizzata delle sex workers. Perché gli ombrelli? Perché Lister ha una lunga tradizione triestina, molto triestina, perché la bora rompe ombrelli come fossero stecchini e quindi da tanti anni Lister trasforma gli ombrelli rotti in oggetti utili alla città. Ecco, l'utilità, cui abbiamo voluto aggiungere qualcosa, l'utilità di una narrazione, ovvero degli oggetti che portino, che raccontino delle storie. Le storie delle vite invisibilizzate, le storie della stigmatizzazione, della vulnerabilizzazione dei diritti. Quindi gli ombrelli rotti sono diventati ombrelli rossi, come quello che nel 2001 a Venezia alla Biennale, Pia Covre ed il Comitato per i Diritti Civili delle prostitute avevano portato in mostra per trasformare gli ombrelli in bandiere, capaci di resistere ai flussi del turismo sfrenato della dell'arte contemporanea Veneziana. Quindi sono vent'anni che questi ombrelli girano per il mondo, oggi li raccogliamo a Trieste per trasformarli in oggetti che parlano della vita quotidiana, di noi tutte, invisibilizzante troppo spesso, negate e soprattutto per riaffermare i nostri diritti, la nostra diversità e affermare la nostra emancipazione".

Allestirete anche una mostra che tra le varie tappe toccherà anche Pola. Previsto un passaggio in Slovenia?

"L'idea che abbiamo è quella di cominciare da alcuni passaggi a Trieste, a Gorizia, a Pola e a Barcellona per portare questa “capsule collection” che è una parola che adesso va di moda, in giro per il mondo. Naturalmente dopo cercheremo di portarla ovunque ci sia una volontà di dialogo, di conversare, di ascoltarci per capire assieme come i diritti di ognuno sono i diritti di tutti”.

Davide Fifaco

Foto: Radio Capodistria/Fifaco
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