Foto: Martegani
Foto: Martegani

Trieste è stata una delle tappe del tour di Olga Karatch, volto e fondatrice della rete per i diritti umani e civili “Nash Dom”, arrestata e torturata dal regime di Lukashenko per la sua attività politica, e dal 2014 in esilio a Vilnius, in Lituania.
L’organizzazione è considerata un gruppo terroristico dal regime di Lukashenko, ma continua ad esistere con gruppi di volontari in circa 20 città bielorusse e all’estero, per cambiare la società bielorussa attraverso azioni non violente. In Bielorussia, racconta con un sorriso amaro, è stata addirittura accusata di aver organizzato un attacco suicida su mandato di Angela Merkel.
Nonostante manchi dal suo paese da dieci anni, Karatch, alla quale è stato consegnato proprio lo scorso tre marzo a Bolzano il premio Langer 2023, a riconoscimento dell’impegno contro la guerra, per i diritti delle donne e per il cambiamento democratico in Bielorussia, non ha mai smesso di lottare per la democrazia nel suo paese, ma quello che lanciato da Trieste è stato un richiamo preciso anche ai paesi dell’Unione europea.
La stessa Lituania, dove vive, ha raccontato, considera lei, e tutti gli obiettori di coscienza russi e bielorussi che fuggono dai rispettivi paesi per non essere costretti ad arruolarsi, un pericolo per la sicurezza pubblica, negando quindi a tutti il diritto di asilo e in alcuni casi rimandandoli in paesi dove l’obiezione di coscienza è considerata un reato, con conseguenze molto gravi.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

“L'Unione Europea – racconta - non aiuta i pacifisti di Bielorussia e Russia ed è una posizione che mi lascia ancora esterrefatta. Lukashenko e Putin non possono combattere senza soldati, e aiutare gli obiettori sarebbe un modo per togliere risorse militari a questi due dittatori. Accogliere gli obiettori sarebbe un modo per contrastare gli arruolamenti di Putin: hanno accolto milioni di ucraini, ma è un problema accogliere qualche migliaio di obiettori russi e bielorussi”.
“Gli obiettori rischiano il carcere, ma quando scappano non trovano alcun tipo di protezione in Lituania, paese che fa parte dell’Unione europea, ma dove sono considerati una minaccia alla sicurezza nazionale e spesso rimandati in patria con il divieto di tornare per 5 anni”. “2500 cittadini bielorussi in Lituania – ha aggiunto - sono stati dichiarati una minaccia, e nel paese è in corso un processo di istigazione all'odio, una strategia per alimentare l’ostilità contro i bielorussi. Lo stesso governo di Vilnius dice che i russi e bielorussi rifugiati sono una minaccia”.
Non avendo diritto d’asilo né permesso di soggiorno, non hanno alcuna protezione, aiuto economico o assistenza sanitaria: molti hanno subito persecuzioni e torture nel loro paese, e per questo preferiscono stare in questa situazione piuttosto che tornare indietro dove rischierebbero il carcere o peggio.

Foto: Fondazioen Langer
Foto: Fondazioen Langer

La rete di volontari guidata da Karatch si occupa di aiutare i russi e bielorussi che giungono in Lituania, ma anche delle donne in Bielorussia, le più esposte alle persecuzioni del regime, che nega loro i diritti più elementi.
In Bielorussia ad esempio le donne sono escluse per legge da centinaia di professioni, le più remunerative. Lo stesso Lukashenko aveva detto che una donna non avrebbe mai potuto essere presidente, perché non si possono comandare le forze armate portando la gonna. Non esiste alcun aiuto per le vittime di violenza domestica: la polizia può solo allontanare i minori, che vengono restituiti alla madre solo se paga una tassa di 100 dollari al mese per figlio. I figli vengono tolti anche se una donna è sola, o se il marito ha dei comportamenti considerati negativi. Si arriva anche al paradosso: “Lukashenko è a capo anche della giuria del festival della canzone in Bielorussia, e decide anche chi è miss Bielorussia, titolo che prevede anche che la prescelta rimanga accanto a lui per un anno”. Nel 2021 non si è presentata alcuna ragazza.
Per le donne è difficile perfino scappare all’estero, perché in una società patriarcale spesso sono le uniche responsabili di bambini e anziani, e non possono andarsene all’improvviso: sono più di 200 donne incarcerate in Bielorussia per motivi politici.
Nonostante tutto la battaglia continua, nella speranza di vedere un giorno rispettati i diritti civili nei due paesi, e la fine della guerra: “Langer – ha detto Karatch – mi ha ispirato, soprattutto quando diceva che un anno di trattativa è preferibile a un solo giorno di guerra: molti – ha concluso - credono al potere delle armi, io credo nel potere delle persone”.

Alessandro Martegani