Foto: AP
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Inizia oggi il terzo giorno delle elezioni presidenziali russe, che regaleranno un altro mandato al presidente in carica, Vladimir Putin. I tre politici in corsa non mettono veramente in discussione l'autorità di Putin e la loro partecipazione ha lo scopo di aggiungere una facciata di legittimità alla corsa. Il più noto politico dell'opposizione russa, Aleksei Navalny, è morto improvvisamente in una colonia penale artica il mese scorso e altre figure critiche del Cremlino sono in esilio o in prigione. In vista di queste elezioni, l'agenzia statale di sondaggi Vtsiom ha previsto che i russi daranno a Putin l'82% dei voti, il suo risultato migliore, con un'affluenza alle urne del 71%.
La vedova di Navalny, Yulia, che ha puntato il dito contro Putin per la morte del marito, ha esortato i suoi sostenitori a protestare votando in massa domenica 17 marzo a mezzogiorno, formando grandi code ai seggi elettorali. L'iniziativa è stata battezzata come "Mezzogiorno contro Putin" e il piano era stato approvato da Navalny prima di morire. I pubblici ministeri hanno minacciato gli elettori che prendono parte all'iniziativa con cinque anni di prigione, anche se non è chiaro come le autorità intendano reprimere la protesta dato che non avrebbero basi legali per disperdere i partecipanti.
La leadership vicina al Cremlino serra comunque i ranghi. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha detto all'agenzia di stampa Tass che i Paesi occidentali hanno cercato in tutti i modi di boicottare le elezioni presidenziali, con campagne di disinformazione ma anche con l'impiego di "agenti di influenza o semplicemente mercenari" tra le file dell'opposizione, ma non ci sono riusciti.
In scene inedite per le presidenziali, ci sono stati episodi di atti vandalici e aggressioni ai seggi in diverse città, che vanno letti come proteste individuali: tra inchiostro gettato nelle urne e addirittura una Molotov lanciata all'ingresso di un seggio a San Pietroburgo. Il comitato investigativo ha aperto otto procedimenti penali, legati a incendi dolosi nei seggi elettorali e danni alle urne. Gli episodi sono stati registrati in almeno cinque diverse regioni, inclusa la Crimea, annessa alla Russia nel 2014. La vittoria è certa, la stabilità molto meno.
Valerio Fabbri