È il poeta romantico simbolo della cultura slovena, colui che con una sola raccolta poetica riuscì a dare alla letteratura slovena una dimensione europea, e quello che contribuì al risveglio della coscienza nazionale, tanto che alcuni versi della sua lirica più celebre, il Brindisi, sono divenuti l'inno sloveno nel momento in cui il Paese ha acquistato l'indipendenza. Un nome, quello di France Prešeren, nato nell'anno 1800 a Vrba, nell'Alta Carniola, e morto nel 1849 a Kranj, per i lettori italiani in buona parte ancora tutto da scoprire. Ne offre l'occasione la bella traduzione delle Poesie a firma dello slavista Miran Košuta uscita per l'Editoriale Stampa Triestina (2020), un volume che si segnala anche per il ricco corredo critico e la scelta di proporre testo originale e versione italiana a fronte.

Lo sforzo del professor Košuta, slovenista che insegna all'Università di Trieste e appassionato mediatore fra la cultura slovena e quella italiana, è stato quello di coniugare fedeltà contenutistica e rispetto delle caratteristiche stilistiche e formali della raccolta, l'unica pubblicata in vita da Prešeren, nel 1846 (ma con la data del 1847). Impresa tutt'altro che facile, come il docente triestino ha raccontato a Radio Capodistria, in primis per la difficoltà di rendere in italiano "quelle rime - sono parole sue - che già Montale considerava più noiose delle Dame di San Vincenzo", oppure "l'acrostico del Serto di Sonetti o il ritmo endecasillabico del poemetto Battesimo alla Savica".

L'edizione italiana a cura di Miran Košuta è la terza dopo le traduzioni di Francesco Husu del 1976 e di Giorgio Depangher del 1998.

Oggi la presentazione a Capodistria, nella prestigiosa sede di Palazzo Pretorio (ore 19), un appuntamento programmato da lungo tempo dagli organizzatori, ma che la situazione sanitaria aveva finora impedito di realizzare.