Foto: MMC RTV SLO
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Se la nuova legge elettorale puntava a favorire le alleanze e creare un bipolarismo, finora l'effetto sembra essere l'esatto opposto. A certificarlo anche la decisione dell'Autorità per la garanzia nelle comunicazioni, che ha messo un veto al confronto fra Giorgia Meloni ed Enrico Letta sulla Rai.

Così da Rimini, dove ieri c'è stata un'accoglienza carica di entusiasmo per il premier Mario Draghi, la giornata politica si è subito spostata a Roma per cavalcare la delibera dell'Agcom che, di fatto, ha contribuito ad allargare il campo che Fratelli d'Italia e Partito Democratico, i due partiti in testa in tutti i sondaggi, volevano in un certo modo restringere.

Complici anche i rapporti cordiali fra i due leader, Meloni e Letta avevano organizzato un faccia a faccia diretto nel salotto televisivo di Bruno Vespa con l'intenzione di porre gli elettori di fronte a una scelta fra le loro due proposte politiche, se non addirittura visioni del mondo. Indebito vantaggio elettorale, c'è scritto nella delibera dell'Agcom. Un assist ideale sia per il rappresentante del Terzo Polo, Carlo Calenda, che vede premiata e legittimata la sua battaglia per affermare la sua "agenda Draghi", sia per il Movimento 5 Stelle, che tramite l'ex sindaca di Torino Chiara Appendino definisce disastrosi sia Letta che Meloni. Tuttavia, come ha sottolineato Draghi al meeting di Rimini, l'azione politica di qualunque esecutivo futuro dovrà fare i conti con la corsa dell'energia e un'inflazione prossima all'8%, in gran parte dovuta proprio all'impennata dei prezzi delle materie prime energetiche. Secondo un'analisi di Confcommercio-Imprese per l'Italia, da qui ai primi sei mesi del 2023 sono a rischio circa 120mila imprese del terziario e 370mila posti di lavoro.

Valerio Fabbri