Foto: Reuters
Foto: Reuters

Aveva 81 anni il cardinale australiano, George Pell, morto a Roma a causa di complicazioni dovute da un intervento chirurgico all’anca. Dopo essere stato arcivescovo di Melbourne e Sydney, era diventato prefetto emerito della Segreteria per l’Economia, posto che gli era stato offerto da Papa Francesco nel 2014, mettendolo a capo delle riforme economiche intraprese dal Pontefice.

Nel 2017 però arrivarono le accuse da parte della polizia australiana nei confronti del cardinale per “gravi reati sessuali” su minori, fra i quali quello di uno stupro, che sarebbero stati commessi negli anni Settanta, quando Pell era parroco nella sua città natale. Così lasciò Roma per rientrare a Sydney “per affrontare le accuse che gli sono state mosse” come comunicò la Santa Sede. L’anno dopo la giuria della corte distrettuale dello Stato del Victoria lo dichiarò colpevole condannandolo a sei anni di reclusione. Il cardinale a riguardo si è sempre detto innocente annunciando anche il ricorso in appello, che però inizialmente venne respinto. Successivamente, nel 2020 il ricorso venne accettato e dopo poco più di un anno di carcere, la Corte Suprema australiana decise all’unanimità il proscioglimento e il rilascio immediato.

In una recente intervista, Papa Francesco ha elogiato pubblicamente i meriti lavorativi del cardinale Pell, in particolare riguardo la riforma delle finanze vaticane, sottolineando anche che a causa di una “calunnia”, riferendosi alle accuse di abusi in Australia, il cardinale si era dovuto “allontanare da questa amministrazione”. “È stato Pell a fare lo schema di come si poteva andare avanti” ha detto il Papa, aggiungendo che “è un grande uomo e gli dobbiamo tante cose”.

B.Ž.