Foto: Pixabay
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Il consumo di alcol nell’Unione europea è ancora elevato ma sta diminuendo. A dirlo è l’Organizzazione mondiale della Sanità che rivela come il consumo complessivo di alcol, nelle persone di età pari o superiore a 15 anni, sia diminuito di 2,9 litri negli ultimi quattro decenni, passando dai 12,7 litri all’anno pro capite del 1980, ai 9,8 del 2020, con una diminuzione del 23 per cento.
Il calo è significativo soprattutto tra il 1980 il 2000, ma la quantità è calata anche nei due decenni successivi
I consumi sono in calo anche nella Regione europea dell'Oms, che comprende 53 Paesi, tra cui la Russia e i paesi limitrofi, con una flessione fra i 12 litri nel 2000 e i 9,5 litri nel 2020.
Nonostante questo, l’Oms sottolinea come la Regione europea abbia ancora il più alto livello di consumo di alcol per persona al mondo: ogni anno in media ogni abitante con più di 15 anni consuma in media 9,5 litri di alcol puro, che tradotto in bevande significa 190 litri di birra, 80 litri di vino o 24 litri di superalcolici.

Foto: Oglasno sporočilo
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Su 36 paesi dell’area (quelli dell'Ue, il Regno Unito, l'Associazione europea di libero scambio Efta e i Paesi candidati all'ingresso nell’Ue), quello in cui si beve di meno, anche per motivi religiosi, è la Turchia, paese dove nel 2020 il consumo annuale di alcol era 1,2 litri, mentre il dato maggiore è quello della Lettonia con 12,1 litro all’anno. La Slovenia si piazza a metà classifica, al 15 esimo posto con 9,8 litri per abitante all’anno, in leggera flessione rispetto a 10 anni fa, mentre l’Italia è nella parte bassa, al 26 esimo posto, con 7,7 litri ma in aumento rispetto al 2010.
Preoccupa l’OMS anche l’aumento del consumo di alcolici da parte degli adolescenti: nel 2019 il 37,4 per cento degli adolescenti dell’Unione Europea, più di uno su tre, ha dichiarato di aver bevuto pesantemente almeno una volta negli ultimi 30 giorni, un dato molto più altro rispetto al 18,7 per cento degli adulti. Il consumo episodico pesante di alcol tra gli adolescenti nei paesi europei varia dall'8 per cento dell’Islanda al 59 per cento della Danimarca.

Alessandro Martegani