Foto: BoBo
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La rimozione delle barriere tecniche al confine con la Croazia è stata appaltata dal governo a un'azienda che ha sottoposto un preventivo tre volte più costoso, per questo è necessario l'intervento del Parlamento e della Commissione contro la corruzione. Parte da questi presupposti la posizione del partito d'opposizione Nova Slovenija, che ritiene plausibile l'ipotesti di casi di corruzione nella gara di appalto pubblico, che secondo loro non avrebbe seguito tutti i criteri di trasparenza nella selezione del fornitore. Motivo per il quale il partito guidato da Matej Tonin, ex ministro della Difesa che si spese molto a livello politico per erigere quelle barriere, ha chiesto oltre alla convocazione della Commissione di controllo delle finanze pubbliche e un parere sia alla Corte dei conti che all'ente che vigila sulla corruzione nel settore pubblico.
Il contratto, del valore di 7 milioni di euro e in capo al ministero dell'Interno, è stato vinto davanti ad altre 3 aziende dalla società Minis, la stessa che ha tirato su le barriere, pur offrendo un servizio a un costo non concorrenziale. Secondo Nova Slovenija, da queste circostanze emerge il sospetto di non trasparenza e di gravi rischi di corruzione in fase di affidamento dell'appalto.
Per il partito, inoltre, la singolarità nell'assegnazione del contrato risiede nel fatto che l'azienda vincitrice dei due appalti, di costruzione e rimozione della recinzione, già durante il governo di Miro Cerar aveva attirato l'attenzione pubblica per avere la sede registrata a Žalec allo stesso indirizzo dell'allora partito di governo SMC. Un trattamento di favore in quanto Minis conosceva lo stato di avanzamento della recinzione, un'informazione che non era in possesso degli altri fornitori che hanno partecipato alla gara.

Valerio Fabbri